Secondo una recente interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di aprile 2018, in risposta ad istanza di interpello di gennaio 2018, le cessioni a pronti di valuta virtuale (le criptovalute sono considerate al pari delle valute tradizonali) non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa.
Le valute virtuali possono generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici, c.d. wallet per i quali la giacenza media superi il valore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo di imposta, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR e del comma 1-ter) del medesimo articolo. La giacenza media delle attività possedute, a parere dell’Agenzia, deve essere verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente a prescindere dalla tipologia di supporto (paper, hardware, desktop, mobile, web).
Ulteriore novità dell’interpello riguarda il trattamento dei Bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”. L’Amministrazone finanziaria precisa che il valore di riferimento è il costo d’acquisto sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6, dell’art. 68 del TUIR.
Per quanto riguarda i redditi derivanti da operazioni realizzate sul “FOREX” e da “Contract for Difference” (CFD), aventi ad oggetto valute virtuali, questi sono considerati redditi diversi ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR.
Tuttavia, ai fini del monitoraggio fiscale, l’obbligo dichiarativo sussite a prescindere dal realizzo di un reddito imponibile e senza che si possa applicare per le valute virtuali il limite dei 15 mila Euro previsto per i depositi e conti correnti bancari. A precisare tale differenza di trattamento è proprio l’Agenzia delle Entrate, affermando, ai fini dell’IVAFE (Imposta sui valori finanziari detenuti all’estero) che tale imposta si applica solamente ai depositi e conti correnti bancari. Da ciò ne deriva che anche il piccolo risparmiatore che nel 2017 abbia detenuto ogni forma di “investimento” in criptovalute, token e ICO (Initial Coin Offering) sia obbligato alla presentazione del quadro RW in dichiarazione (Redditi 2018), sebbene ai fini del solo monitoraggio fiscale.
A nostro avviso sarebbe auspicabile da parte dell’Amministrazione finanziaria l’inserimento, per tale tipologia di valori, di una soglia limite al di sotto del quale il piccolo risparmiatore non si veda vincolato alla presentazione di una dichiarazione ad hoc, che possa essere il minimo dei 15 mila Euro previsto per i depositi e conti correnti ovvero, più propriamente, il valore dei 51.645,69 Euro per almeno sette giorni lavorativi, al di sotto del quale non vi è alcuna redditività presunta per l’assenza di finalità speculativa.